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Mantis

 

di Giuseppe Felici rossointoccabile

 

Non vivere su questa terra

                come un inquilino

oppure in villeggiatura

                nella natura

vivi in questo mondo

come fosse la casa di tuo padre

credi al grano al mare alla terra

ma soprattutto all’uomo.

Ama la nuvola la macchina il libro

ma innanzitutto ama l’uomo.

Senti la tristezza

                del ramo che si secca

                del pianeta che si spegne

                dell’ animale infermo

ma innanzi tutto la tristezza dell’uomo.

Che tutti i beni terrestri

                ti diano gioia

che l’ombra e il chiaro

                ti diano gioia

che le quattro stagioni

                ti diano gioia

ma che soprattutto l’uomo

                ti dia gioia

Nazim Hikmet

 

- Sono stata cresciuta per questo. Ora lo so.

Il bocciolo cresce lentamente. I petali iniziano a differenziarsi dalle foglie che li contengono, il pistillo inizia a formarsi, poi tutto aumenta di dimensioni. È un processo molto lento. Giunto a maturazione il fiore inizia ad aprirsi. Tanto tempo, tanta pazienza per un attimo di fulgore. Una piccola creatura volante si avventa sul polline, attirato dai colori sfolgoranti, subito tutto il suo corpo viene ricoperto da una sottile polverina. Le “piume” delle ali, il ventre gonfio e le ghiandole destinate a produrre il nutrimento per i piccoli che stanno per nascere. I molti occhi sfaccettati. Striscia sul fiore e una parte della polvere cade a fecondarlo, il resto sarà destinato ad altri fiori o a perdersi. La creaturina riparte, sazia, per il momento.

Mantis ritrae la propria coscienza dal fiore che inizia ad appassire, mentre il pistillo già si ingrossa.

Si guarda intorno. Quei pochi ettari floridi sono una piccola oasi su questo mondo. Non l’unica. Potrebbero volerci anni, anche col suo aiuto. Poi abbastanza anidride carbonica si sarà trasformata in ossigeno e la temperatura scenderà. Ma per il momento il processo è invertito, se invece che anni ci vorranno secoli sarà possibile per più forme di vita adattarsi al nuovo mutamento. Tornerà, ovviamente, di tanto in tanto. Ma non è della natura il farsi prendere dalla fretta. Alza lo sguardo al cielo e proietta la sua coscienza. Un attimo dopo è su un altro mondo e il suo corpo inizia a crescere dalla vegetazione che la circonda.

Il viaggio è stato subitaneo, questo non smetterà mai di sorprenderla.

È un corpo forte, florido. Questo è un mondo in cui la vita brulica, in cui né razze tecnologiche né sconvolgimenti cosmici hanno portato la distruzione.

Il luogo giusto in cui ritemprarsi delle fatiche appena concluse, prima di proiettare la propria coscienza su un mondo meno fortunato.

Ma i paradisi sono per lo più ricchi di risorse e molte sono le culture attente al profitto e dedite alla caccia di materie prime. Mantis rinuncia all’agognato riposo.

Fonde la sua coscienza con quella della sconfinata foresta che viene aggredita dalla colossale macchina per abbattere gli alberi.

Liane piccole ed insidiose si insinuano tra le fessure della pesante corrazzatura. Radici imponenti sfaldano il terreno e poi si ritirano. Sottili sbuffi di fumo sbucano da più parti, danni non gravissimi, la macchina inizia la riparazione. I pesanti cingoli affondano nel terreno pesantemente smosso, perdono la presa, il motore sbuffa, affaticato, non aiutato dalle piante che si precipitano a tappare gli sfiatatoi del raffreddamento. Il cingolo affonda sempre più, mentre il motore emettendo il suo ultimo rantolo, si spegne lentamente. La macchina, progettata per distruggere in ambienti ostili giace immobile, impotente.

Mantis, o meglio, la sua coscienza, sorride. Il tutto è avvenuto in breve tempo, limitando il danno al massimo e senza sfoggio di violenza.

Sorride per questa lezione, appresa più dai Vendicatori che dai Preti di Pama. Usare il minimo di violenza.

Ma dall’orbita, i manovratori della macchina automatica non sono dello stesso avviso. Le piante reagiscono, è il momento di una dimostrazione di forza.

Mantis ritrae la sua consapevolezza dolorante, mentre dall’orbita inizia a cadere una pesante pioggia di fuoco.

Proietta la sua mente ed è a bordo. All’interno delle stentate culture idroponiche è debole, ma il suo potere è in grado di rafforzare anche queste piantine, sofferenti sotto questa luce artificiale, stimolate più per crescere in fretta che per crescere sane.

Il corpo è abbastanza forte da potersi muovere. Esce dalla vasca e si aggira per la serra, lasciando una scia della sostanza su cui le piante crescevano. Scia che presto si secca.

Presto trova una porta, non protetta da serrature. L’apre e si aggira furtiva per la nave.

Deve far presto, non sa se il bombardamento prosegue, ma migliaia di vite si sono gia perse.

Trova in fretta ciò che cerca. La sala è sorvegliata, tre guardie, armate.

Il suo precedente sé era stata addestrata alle arti del corpo e della mente dai Preti di Pama, monaci guerrieri kree. Scatta, veloce. Il calcio volante stende il primo, mentre due pugni stordiscono gli altri due.

In un secondo ed è dentro.

La sala è angusta, poco illuminata e il suo corpo ne soffre. Ma è piena di tutti gli strumenti di navigazione, sicurezza ecc. Un duplicato perfetto, in piccolo, della sala comandi.

Dopo un po’ di studio crede di poterli padroneggiare quel poco che gli serve.

Isola la sala comandi e riduce al minimo il supporto vitale. Poi rinuncia ad un po’ della sua massa corporea, che insinua tra le piastre metalliche e plastiche che ricoprono gli strumenti. La massa cresce rapidamente, espandendo un sottile filamento in giro per tutta la nave, provocando di tanto in tanto qualche piccolo corto circuito. Per un attimo è tentata di aggravare i danni e rendere la nave irreparabile, ma i Vendicatori le hanno insegnato a non uccidere, così come i Preti.

Gli invasori saranno troppo impegnati a salvarsi per poter continuare il bombardamento. Spera che gli serva di lezione e non mandino altre navi.

Lascia il suo corpo e proietta la sua coscienza di nuovo sul mondo.

Le ferite nella sconfinata foresta si sentono. La nave ha compiuto un lavoro più che buono, gli ordigni hanno appiccato il fuoco in più di un punto. Le radici si agitano come serpenti impazziti mentre cercano di soffocare le fiamme coprendolo con la terra.

Alla fine il danno è ampio, ma non ci sono tracce radioattive, gli attaccanti non volevano rovinare la merce.

Un piccolo stimolo e presto le ferite si rimargineranno, nuova vegetazione a coprire le piante morte.

Mantis si assicura che la nave non sia più in orbita, poi proietta nuovamente la sua coscienza.

Un altro mondo ferito, forse in maniera irreparabile anche per lei.

Le poche piantine ancora in vita bruciano per le radiazioni, pochi mutanti sull’orlo della morte.

Muove a malapena il suo corpo pustoloso, poi lo abbandona, spandendosi per tutto il globo.

C’è vita, ma poca, sparuta.

Serve un trattamento radicale, forse tardivo e disperato.

Una macchia di stentati alberelli viene rapidamente mutata, si accartoccia e avvinghia attorno ad un nucleo centrale. Esso inizia a scacciare le radiazioni dal suo interno, fino ad avere un centro geneticamente puro. La buccia esterna, che ha accumulato anche minerali, lo protegge dalle radiazioni. Spore iniziano a svilupparsi, poi quando sono mature la pianta esplode, scagliandone una parte, consistente, nello spazio. Altre bruciano, rientrando nell’atmosfera, perché la spinta non bastava a farle fuggire. Altre ancora, le più pesanti, non si alzano molto e ricadono lontane.

Da esse germineranno altre piantine che tenteranno di salvare nello spazio il ricordo delle piante di questo mondo. Forse un giorno alcune cadranno su un mondo accogliente e potranno svilupparsi.

Lei passa subito oltre, nel tentativo di salvare questo di mondo.

Le piante iniziano a mutare, lentamente, all’inizio, poi sempre più velocemente.

Anch’esse iniziano a processare l’intensa radioattività che permea tutto il pianeta, concentrandola, invece, verso l’interno. Sfere più grandi vengono sparate, sempre nello spazio. Questo processo farà perdere una parte della massa del pianeta, piccola, spera. Una parte, dopo orbite di millenni, tornerà a cadere sulla superficie, sotto forma di polvere bruciata nell’attrito del rientro.

Ma le piante, a contatto con le radiazioni così concentrate, muoiono in fretta. Riuscirà mai a stabilizzare il processo?

Dovrà tornare presto anche su questo mondo. Si protende un attimo e compie un altro salto.

Su questo mondo inquinato ci sono ancora gli inquinatori, per un attimo pensa a come porre rimedio alla cosa, poi salta nuovamente. Qualsiasi sua azione verrebbe vanificata intenzionalmente. Ma non è il tipo da sterminarli, sono gia bravi loro in questo. Lascerà che si salvino da soli, se ne sono capaci.

Il mondo successivo è florido, vivo, la vita animale è ricca di specie diverse, la specie intelligente vive a stretto contatto con la natura, senza per questo rinunciare a qualche agio tecnologico. Ma non portano distruzione.

Mantis sorride, un lieve tocco alle piante del mondo, quasi una raccomandazione. Salta.

Questo mondo attende la lenta morte del meriggio del suo sole, una enorme sfera rossiccia. L’atmosfera è carica di anidride carbonica, malgrado la flora rigogliosa, che sta lentamente riempiendo tutte le nicchie ecologiche. L’effetto serra serve a compensare la ridotta emissione del sole.

Ammira la capacità di adattamento di queste forme di vita e si chiede se è passata di li qualcuna come lei, chissà quanti millenni prima.

Si protende ed è in un altro luogo. Poche piante, per lo più in vasi, qualche parco. Nient’altro. Per un attimo crede di essere su un’astronave. Poi con raccapriccio si accorge che il mondo, l’intero mondo, è stato edificato, ogni millimetro di terreno coperto da costruzioni, strade, piattaforme sul mare, coperte anch’esse di edifici. L’intero pianeta tenuto in vita da complessi sistemi artificiali, ucciso e trasformato in un ambiente asettico e non autosufficiente.

Fugge terrorizzata, si ritrova su un mondo, non sa dove.

Attorno a lei foresta, fitta, per nulla antropizzata, eppure non disordinata nella crescita, come se le piante del sottobosco scegliessero di non soffocarsi l’una con l‘altra.

Sente il suo corpo, sorprendentemente vivo, costituito di vegetazione rigogliosa come non ne ha trovata in nessuno dei mondi fino a quel momento visitati.

Eppure percepisce qualcosa di diverso. C’è un di più.

- Salve figliola. – Una voce nella mente, una carezza familiare. Mantis si guarda intorno ed osserva meglio, tra gli alberi alieni uno è familiare, un Cotati.

- Dove siamo, sei solo qui? – Sente nella sua mente una risata, come un trillo di campanellini.

- Come potrei, figliola, non so muovermi, ricordi? – Dal folto spunta fuori un Cotati, della nuova generazione mobile.

Poi un altro, altri due, accompagnati da tre lucertoloni. Man mano, il gruppetto di Lucertoloni e Cotati mobili si ingrossa.

- Benvenuta, figliola, ti presento i nostri nuovi alleati. Saremmo venuti presto a cercarti, ma per fortuna ci hai raggiunti di tua spontanea volontà. C’è molto lavoro da fare. –