Stato Autonomo di Arcadia, all’interno del Governatorato di Matruh, Egitto

 

Mil Mi-24, aka “Hind”. Elicottero d’attacco di produzione sovietico-russa. Protagonista di innumerevoli missioni sui fronti più duri, dalle pianure alle più aspre montagne. Armato di tre mitragliatrici, lanciarazzi e missili anticarro, un singolo esemplare era capace di sbarazzarsi di un reparto di fanteria con relativi mezzi di appoggio.

Due Hind erano capaci di ripulire un ampia fetta di territorio senza colpo ferire

I due esemplari che solcavano i cieli a bassa quota in quel momento erano interamente verniciati di nero. Silenzio radio. Transponder IFF spenti. Attivate solo le armi di bordo. Anche i ‘bambini’ nella stiva erano disattivati. Evitare assolutamente di farsi identificare.

Il loro bersaglio era ormai a portata di tiro: una colonna di 103 tra uomini, donne e bambini, oltre ad un assortimento di animali da soma, che procedeva sotto il sole impietoso del deserto, a neanche un giorno di cammino dall’immensa metropoli dalle torri svettanti nella zona delle oasi.

I piloti rimasero impassibili, mentre si preparavano a fare fuoco. La gente là sotto non si era dispersa, non aveva neanche accelerato il passo. Anzi…si stavano proprio fermando.

Inutile speculare sul perché. Forse speravano che i loro inseguitori non avrebbero osato colpire, ma non capivano: loro erano solo un lavoro, niente di personale o di ideologico. Gli ordini erano: terminazione totale. E i piloti avrebbero obbedito con precisione e velocità…

Non premettero nemmeno il pulsante di fuoco. Tutti i sistemi elettronici impazzirono in quel momento!

 

 

MARVELIT presenta

POWER PACK

Episodio 31 – Di vita, di morte, e di LOLZ

Di Valerio Pastore

 

 

Anche se i piloti avessero voluto interrompere il silenzio radio per chiedere soccorso, non ci sarebbero riusciti, ora che i loro veicoli erano intrappolati dalla terribile catena Gleipnir.

“Tsk,” disse il lupo bipede dalla pelliccia fulva, con indosso solo un lungo perizoma bianco e un bracciale d’argento al braccio sinistro –lo stesso bracciale da cui si dipanavano i viluppi della catena che un tempo era servita per imprigionarlo. “E questi giocattoli gli umani li chiamano armi?”

Impossibilitati a volare, i massicci velivoli corazzati poterono ora dirigersi in una sola direzione: in basso!

Il lupo fletté i muscoli e tirò. Il metallo scricchiolò paurosamente, e poi ci fu un suono come di incidente tra TIR quando gli elicotteri furono fatti collidere l’uno contro l’altro, a formare un unico mucchio.

“Voi mi offendete!” ululò la bestia, facendo roteare senza sforzo la sua preda sopra di sé…per poi sbatterla a terra, sollevando una fitta nuvola di sabbia. Un momento dopo, gli elicotteri si dissolsero in un’unica nuvola di fuoco e detriti.

Quello che seguì fu il mistico silenzio del deserto, interrotto solo dal crepitare delle fiamme. Un silenzio in cui, Fenris si voltò verso i profughi.

Uno dopo l’altro, uomini, donne, anziani e bambini si gettarono in ginocchio, la fronte posata sulla sabbia ardente. E così rimasero per un buon minuto, prima che un anziano osasse sollevare lo sguardo. “Gurê Noble, le nostre preghiere sono state ascoltate. Come possiamo ringraziarti?”

“Per cominciare, potreste dirmi come mai siete diretti verso la città dei lupi.”

L’anziano si mise in piedi, l’unico a farlo. “Siamo Curdi, Guré Noble, ma siamo anche i discendenti per linea diretta di Lupi di Sorano.”

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La Torre di Babele, Quartier Generale dell’Intelligence dell’SAA: La Caccia Selvaggia

 

L’operatore dal pelo fulvo nell’uniforme rossa inviò i dati ad un altro schermo grande.

Soranus il fiammeggiante, l’antica divinità etrusca, lupo-custode delle porte degli inferi situate presso il Monte Soratte, in Italia. Fu adottato da cucciolo dalla dea Feronia, la quale lo portò con sé in ogni battuta di caccia dove si ricoprì di gloria. E alla sua morte, Soranus fu ceduto alla dea Cavatha perché guardasse i cancelli dell’oltretomba, separando le anime dei codardi da quelle degli eroi.

Le cerimonie dei Lupi di Sorano gravitavano intorno al fuoco, fin dall’iniziazione. Il culto fece sempre più proseliti, fino a trasformare un tempio nel nucleo di un grande villaggio.

La scomparsa degli etruschi consegnò all’oblio il culto, lasciandone poche, confuse tracce, ma era possibile, secondo alcune scuole di pensiero, che gli adoratori di Sorano fossero fuggiti verso l’oriente.

E che da loro fossero discesi i primi curdi del Kurdistan.

“Fenris, quando sarete arrivati, portali all’area ospedaliera presso il quadrante L7. Saranno tutti sottoposti a visite di controllo, test genetici e scan mentali. Chi fa resistenza resta fuori.” Detto ciò Sir Wulf, capobranco del Power Pack, restò per qualche istante ad osservare la colonna in movimento.

Da una parte, potenzialmente del nuovo, prezioso sangue per la città. Dall’altra, potenziali problemi.

Ma non poteva essere lui a decidere. Lui rispondeva al Consiglio Municipale, queste erano decisioni da prendere su più livelli, mentre lui era solo il capo della Strike Force…

Stava commettendo un errore? Controllare i sintomi dell’ansia da separazione da Karnivore era sempre più difficile. Aveva ancora l’autodisciplina da Cavaliere necessaria per mostrare un atteggiamento adeguato, ma quanto poteva durare..?

Perso o no nelle sue riflessioni, percepì ugualmente la presenza che arrivò al suo fianco. “Scommetto che ora sei felice di non essere al mio posto,” disse un mannaro dal pelo color ferro con una striscia bianca al centro della folta cresta che terminava in un folto collo. Indossava l’uniforme rossa con il bracciale dorato del proprio rango. Kurt Hansom Wilde, Comandante della Caccia Selvaggia.

Anche se i Servizi Segreti di Lykpolis erano un ente con neanche due anni di vita, ogni suo membro aveva, nel mondo umano, facendo esperienza girando nei lustri tra le migliori agenzie di sicurezza e spionaggio. E Wilde, 202 anni da licantropo, aveva un curriculum inattaccabile.

“Per un’altra ragione, signore: è troppo perfetto.”

“Spiega.”

“Il quadro è troppo perfetto. E’ come se avessero scritto sulla fronte ‘esca’. Quindi, avrebbe senso solo se fosse stato organizzato allo scopo di farli entrare indisturbati i confini della città. Il più è capire cosa intendano fare. Non possono non sapere che non avrebbero neppure il tempo di fare cento metri prima di venire massacrati. Il satellite non percepisce nulla di compatibile con una CBRN (Chemical Biological Radiological Nuclear) nei loro effetti, ne’ tracce di radiazioni esotiche.”

“Bella teoria,” concordò Wilde. “Per questo li stai lasciando alle cure di Fenris. Per verificare sul campo se ci sono metaumani. E i piloti?”

“Contractor, americani. Non hanno avuto contatti diretti con il datore di lavoro, e i loro superiori non hanno lasciato trapelare alcunché...” Prima che Wulf potesse dire altro, si aprì la porta ed entrò la trafelata figura di un uomo calvo ma in forma smagliante. Indossava l’uniforme bianca dei servizi medici. Dottor Vincenzo Maria Montanari, Direttore Sanitario Esecutivo.

“Se è venuto lei in persona, mi aspetto una bella sorpresa,” commentò Wilde. “Mi stupisca.”

Il mannaro in modalità skin si schiarì nervosamente la gola. “Ah, signore, si tratta dei Silva.”

“E..?”

“Non essendo maledetti, né naturali, il mio staff ha dato per assodato che fossero mutanti. Poi abbiamo esaminato i prelievi standard che facciamo ad ogni candidato cittadino—“

Wilde si strofinò le tempie con aria irritata. “Dottore, grazie per lo spiegone, ma se volevo abbassare il mio QI andavo al cinema. Mi può passare quel tablet che sta tenendo come il più prezioso degli ossi?”

“Oh. Ah, sì, sì. Ecco.” Un medico di carriera tende a perdere l’umiltà. Montanari aveva alle spalle una carriera di 32 anni come umano e 85 da licantropo. Sarebbe riuscito a fare saltare i nervi ai più diabolici burocrati del settore senza battere ciglio, ma di fronte ai due alfa si sentiva come un cucciolo. “Troverà i risultati molto interessanti, signore.”

Wilde attivò il device, studiò i risultati…poi ricominciò dall’inizio, la fronte sempre più aggrottata… “Ma tu guarda un…e i Silva non ne sanno niente?”

Ritrovando confidenza, Montanari scosse la testa. “Niente, stando agli scan mentali, ma potrebbero essere condizionati a mentire persino a sé stessi. Sono i primi a dire di non essere mutanti, che le loro ‘fursone’ sono sempre state parte della famiglia da parte di madre, ma questo è quanto.”

Wilde passò a Wulf il tablet. “L’Operazione Estrazione è rimandata, abbiamo una nuova priorità. Organizza una squadra per una missione in India: dobbiamo scoprire sui Silva ciò che i database non ci hanno detto—“

“Non sarà necessario, Direttore,” disse la voce di uno dei Consiglieri, nel momento in cui il suo volto nero come la notte apparve sullo schermo. “Abbiamo letto il rapporto del Dottor Montanari, e pensiamo che sia giunto il momento di inviare sul campo il nuovo branco. L’Operazione Estrazione non dev’essere ulteriormente rinviata, e tale operazione richiede il dispiego dell’intero Power Pack nella sua attuale conformazione.”

Wilde e Wulf chinarono la testa. “Sì, Consigliere,” disse il Direttore. “A mezzanotte, come programmato, le formazioni saranno pronte a partire. Avete istruzioni per i Silva?”

“Metteteli alla prova, Direttore. Sprema da loro qualunque talento possano avere. Buona caccia, signori.”

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Quartiere residenziale Sunhome (also, residenza del Power Pack)

 

“Come sarebbe a dire che domani parti!? Avevi detto che saresti rimasto una settimana! Cos’è, hai paura che ti piaccia stare qui?”

La base della vasta piramide di metallo, vetro e pannelli solari, era adibita ad area ricreativa, come un unico parco dove il verde e l’artificiale si integravano perfettamente.

Ad un tavolino vicino ad un chiosco di granite, all’ombra degli alberi, nel pomeriggio che si rinfrescava sempre più rapidamente, sedevano la pallida donna indignata e il suo calmissimo interlocutore intento a sorseggiare un bubble tea al limone e zenzero.

Lui si interruppe giusto il tempo di dirle, “Ripeti un attimo cosa diceva quel messaggio, cugina.”

“Diceva per stanotte sono convocata per una missione insieme al resto del branco, ma—“

“Appunto.” Sorso. “Non sono tuo marito, Nina, e non sono un membro del Power Pack come te – a proposito, congratulazioni – quindi penso che continuerò ad andarmene in giro per il mondo. E comunque vi sarò più utile di tanto in tanto raccogliendo informazioni per voi.” Sorso. “Cos’è, hai paura che ti piaccia dare la caccia ai cattivi?”

Nina Price scambiò un’occhiata dura con Jack Russell. In quanto membro della famiglia, volente o no era condannata a subire la maledizione della licantropia. E come se non bastasse, il morso di una vampira aveva fatto di lei una creatura ibrida e unica.

Aveva i suoi vantaggi, offriva protezione dal Sole, e la rendeva immune dall’argento. Era più forte di un tradizionale vampiro e di un licantropo, aveva i poteri di entrambi…Ma era anche due volte maledetta: dalla Sete e dalla Febbre. Nella settimana di Luna Piena doveva rinchiudersi, ma per la Sete…

A pagare il prezzo della sua maledizione erano sempre stati i criminali, i peggiori, persone accuratamente selezionate…ma ciò non rendeva meno mostruoso il suo atto, che doveva sempre consumare fino in fondo per non creare altri vampiri a sua volta.

Il Consiglio del Popolo le aveva promesso di aiutarla, in cambio delle sue prestazioni col Power Pack, e come la più speciale delle licantrope e come ponte tra i lupi ed i vampiri alla luce della loro…alleanza, forgiata dopo l’attacco congiunto contro Thulsa Doom.

Una serie di grossi cambiamenti. “Vuoi la verità? Questi sono grossi cambiamenti, per me. Vita nuova, casa nuova, nuovi amici, un gruppo…mi sento come se dovessi andare a scuola per la prima volta dopo un trasloco in un altro continente e ho paura di dovere gestire tutto questo da sola. Senza la mia famiglia.”

Jack allungò la mano a stringere quella di lei. “Ehi, giovanotta: io non avevo nessuno quando la Luna ha cominciato a marcare la mia vita. Ed eccomi qua, bello e tosto: tu hai tutto quello che ti serve, devi solo smetterla di pensare di essere sola, OK?”

Lei appoggiò il mento sul tavolo. “Te la stai godendo. Str0*2o”

Sorso. “Alla grande.” Poi si trasformò. “Hmm, è bello respirare aria pulita e odore di tuoi simili senza dover pensare che ti vogliono ridurre a un tappeto.”

Nina osservò i gruppi di furries e skins che chiacchieravano amabilmente come fosse la cosa più normale del mondo. “Quindi quella cosa che ci hanno messo..?”

Licantropus si toccò la tempia. “Impianto virtuale per fare credere al lupo interiore che c’è la Luna Piena e ottenere la trasformazione, senza il maleficio mensile. Dovresti provare il tuo, cugina.”

Lei si osservò le mani. “Non lo so. Prima vorrei passare una settimana o due a saziare la Sete col sangue sintetico che producono qui. Ho una paura del diavolo di aver voglia di un Bloody Mary durante l’happy hour.”

“Visto? Ci scherzi pure su! Vedrai, ti abituerai in men che non si dica.” Sorso*SPRRT!*. Faccia raccapricciata, pelo dritto, lingua di fuori. “*Ack! Ack! Oddio, mi ero dimenticato che in questa forma gli agrumi mi fanno schifo!

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Rahne Sinclair doveva ancora abituarsi pienamente all’idea di vivere in quella specie di comune che era l’enorme appartamento di tutto il Power Pack. Un living room senza barriere, se si escludevano le camere da letto, che non solo ospitavano agevolmente i quattordici membri del branco, ma con abbondante spazio per quasi il doppio. Il Consiglio aveva menzionato che prima o poi ci sarebbe stato un ulteriore rimpolpata dei ranghi, e quasi tutti avevano accettato la sistemazione senza problemi.

I primi mesi le era sembrato di impazzire. Lei non era stata allevata ed educata per vivere in modo così…trasparente. Sul modello giapponese, anche il bagno era una struttura unificata per entrambi i sessi, lasciando salva la privacy per…lo stretto necessario. Era come essere socialmente nudi. E alcuni dei suoi…colleghi si divertivano a stuzzicarla, e non era sicura sulle ‘amichevole’ intenzioni. Diciamocelatutta, un paio di loro le davano positivamente i brividi.

Ma poi, giorno dopo giorno, il cameratismo aveva preso il sopravvento. C’erano sempre i piccoli riti di privacy a cui era affezionata, ma ora la presenza continua del resto del branco le era diventata familiare, e si sentiva felice di avere così tanti amici con cui condividere subito gioie e dolori.

In questo momento, la sua gioia erano i due lupetti che nella sua forma ibrida stringeva fieramente tra le braccia, mentre i piccoli – Tier, dal manto bianco con riflessi bluastri del padre, e Varona, rossiccia come la madre – facevano a turno per annusare freneticamente i genitori, per poi captare dall’aria gli odori del resto del branco che si stringeva intorno alla coppia.

Non che Rahne avesse voluto coinvolgere anche Hellwolf e Volk nel rito, ma i cuccioli dovevano imparare a riconoscere l’odore di tutti coloro che sarebbero stati i loro protettori…

“La loro prima trasformazione, sono perfetti. Guardali come sono attenti,” disse Hrimrari, Principe delle foreste di Asgard.

“Una transizione impeccabile, senza dolore,” aggiunse un armadio di mannaro dal pelo castano, vestito di una collana di zanne e una specie di corazza di cuoio di foggia antica. Lycus. “E’ un buon auspicio, saranno dei grandi cacciatori.”

“Saranno scienziati,” disse Rahne. “Cacceranno misteri.” Non stava lottando per crescere una nuova generazione di guerrieri. Lei ed i suoi amici erano diventati allievi della Scuola Xavier, Nuovi Mutanti, eredi degli X-Men, quasi per caso. Non aveva vissuto una gioventù normale, salvo che per pochi momenti quasi rubati tra una missione e l’altra.

Non aveva avuto scelta, allora. Ma ora—

“Sono molto desolato,” disse Sir Wulf entrando, “Abbiamo una missione a squadre. Partenza a mezzanotte. Sarà coinvolto tutto il branco.”

Wolfsbane sospirò. Un giorno o l’altro organizzerò una rimpatriata con i Nuovi Mutanti, lontano da qui. Giuro!

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Come dava calore di giorno, il deserto lo toglieva di notte. Qualunque tribù nomade sapeva che c’erano poche ore al mattino e al pomeriggio per preparare il campo. Era il momento dei pasti, dei racconti, dei canti.

Dei riti.

Uno dopo l’altro si accesero i fuochi. Falò in pozzetti, legna e carbone. Per nutrire.

Piste di carbone e legna che brillavano come fari infernali nella notte. Per celebrare.

Le pecore vennero uccise e macellate rapidamente. La loro carne avrebbe saziato.

Le loro interiora avrebbero reso omaggio.

Nel deserto, il giorno e la notte non erano fatti per sprecare energie. Ma celebrare un momento fondamentale nella propria storia e nella propria vita non era considerato uno spreco. Era un dovere. Il cibo sarebbe venuto dopo.

Il suo nome era Ashti. Stava in piedi all’inizio della strada di fuoco cerimoniale. Non carboni ardenti, come usavano fare i suoi remoti antenati etruschi, ma fiamme spietate come quelle degli inferi. Solo i degni potevano percorrere il fuoco per simboleggiare il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti per ottenere per tutti la benedizione del dio-lupo e degli antenati. I celebranti che fallivano perivano nel fuoco e la tribù tutta doveva patire tre giorni e tre notti maledette prima di avere una seconda possibilità.

Nuda come le fiere della natura, Ashti, i capelli rossi simbolo del fuoco purificatore, contemplò un’ultima volta la strada fiammeggiante, con i danzatori che disegnavano elaborate figure nella sabbia compatta lungo il percorso.

Ai suoi piedi stava una cesta, e in essa le interiora ovine appena strappate alle pecore. Ashti si chinò a raccoglierne quante poteva, reggendole poi davanti a sé con entrambe le braccia.

Chiuse gli occhi.

E mise il piede nel fuoco.

Davanti a lei c’è solo un sentiero nel bosco. Il clima è fresco, le fronde stormiscono al vento. La sacerdotessa avanza col piatto recante la sua offerta. In distanza, la porta per gli inferi brilla nella roccia come un occhio maligno, ma lei sa che non la varcherà. La sua fede è salda, come lo è quella di sua madre, e quella della madre di sua madre, e quella di ogni madre fin da molto prima che la Sacra Lupa allattasse due bambini.

Lei cammina. Sono cadute le castagne e le loro spine accarezzano i suoi piedi, ma lei non ha occhi che per il gigantesco lupo dagli occhi e le fauci fiammeggianti che procede al suo fianco. Egli non la giudica, non la loda ne’ la provoca. Aspetta silenzioso che lei arrivi alla porta con l’offerta…

“Dunque valgo così poco ai tuoi occhi?” ella chiede.

La sacerdotessa spalanca gli occhi. Il vento trasporta scintille ardenti dalla porta. Delle foglie crepitano. La sua fede è salda. “Non mi hai mai parlato.”

“C’è sempre una prima volta. Come nel tuo caso.” La lupa si siede davanti a lei, statua di scintille, braci e fiamme che riscalda l’aria ad ogni suo respiro. “Non hai mai camminato nel fuoco, prima d’ora.”

Le scintille aumentano, disegnano onde nel vento sempre più forte. Lei non procede più. Le offerte sono pesanti tra le sue mani, ma lei non vacilla. “Hai risposto alle nostre preghiere. Ci hai guidati verso la nostra casa. Come potrei altrimenti mostrarti la mia gratitudine?” Tende le braccia verso il lupo. Le offerte fumano. Intorno a lei cresce il calore, ma non su di lei.

“Buttale.”

Lei obbedisce. Nel bosco della vita inondato di scintille, sull’erba umida di rugiada il piatto si scioglie e le viscere bruciano.

Il lupo di fuoco avvicina la testa verso la sacerdotessa. Zanne come ossidiana sembrano brillare di luce nera nel sorriso ardente. “La vita di una pecora non mi interessa, Ashti. Il fuoco è un arbitro indulgente con chi lo sa domare. Io chiedo una prova. Offri te stessa a me, e sarai degna, sarete degni e lo saranno i vostri figli ed i loro figli quando tutti voi accetterete i miei figli ed i loro figli nelle vostre vite. Le nostre discendenze prospereranno.” La sua voce è miele, la sua voce è veleno, la sua voce è promessa di vita e di morte, l’inizio e la fine. Il confine è un momento impalpabile nel fiume impetuoso dei pensieri. Una sola esitazione, ed un popolo che per millenni ha lottato per vivere sarà condannato all’oblio.

In lei non c’è mai stata esitazione. Riprende a camminare. Fiamme lambiscono l’aria, il bosco è una distesa di rovi ardenti, la nuova rivelazione. Le fiamme la reclamano, ma lei non ascolta la loro voce. Lei non è più la sacerdotessa mentre cammina verso le fauci spalancate. I danzatori la guardano. Le sue antenate la guardano. Il suo popolo la guarda. Lei è Ashti, il suo nome significa ‘Pace’.  E’ serena. E’ la capostipite. E’ la profezia avverata.

Le fauci si chiudono. Vita per vite. La lupa mastica l’offerta. “E’ fatta,” dice, mentre l’altra estremità del suo corpo freme, si prepara a concedere rinascita…

Le fiamme sembrarono esplodere dal sentiero, il tramonto vide sorgere brevemente una piccola stella sotto gli occhi attoniti dei vagabondi del mondo…

E da quel muro di fuoco emersero, il lupo nella sua forma ibrida e femminile, e la ragazza diventata donna, morta e rinata, il suo corpo coperto di rune fiammeggianti.

Ashti sollevò le braccia come a volere abbracciare la gente radunata. “GIOITE TUTTI! ORA SIAMO FIGLI DEL POPOLO!” Gridò, e le fiamme cantarono ancora.

Poi svenne.

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Torre di Babele

 

“Non ci credo. Non ci credo. Non possono averlo fatto per davvero.”

Rasoio di Occam: Non sunt multiplicanda entia sine necessitate: Gli enti non si devono moltiplicare più del necessario. Un modo elegante per dire che la soluzione più semplice è quella giusta.

Ma persino per un veterano della paranoia come Kurt Wilde, una simile soluzione era troppo. Era folle, era una di quelle possibilità degne di un pessimo fumetto.

Ma la stava osservando in diretta.

Sir Wulf aveva ragione, l’attacco ai curdi faceva parte di un complotto…

Un complotto così assurdo che solo un intelletto limitato come quello del sedicente leader del mondo libero poteva orchestrare, mentre si gonfiava la cresta nella Press Room della Casa Bianca. “…e stiamo prendendo tutti i provvedimenti per punire il vile assassinio dei nostri bravi soldati americani. Loro stavano facendo il proprio dovere nella caccia a dei vili terroristi, e questi sporchi animali li hanno uccisi senza pietà alcuna, dimostrando da che parte stanno! Ma l’America e il mondo libero non staranno a guardare…”

Wilde sospirò, e attivò il comunicatore. “Date un telefono ai nostri ospiti, chiamate il Monte Apollo e preparate l’Omni-Onda. E’ ora di andare in scena.”

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Baton Rouge, Louisiana

 

Marcia Winston. 42 anni. Sposata da 10. Due figli. Un marito troppo spesso lontano in qualche missione per conto dell’Aeronautica Militare.

Suo marito non indossava più la divisa, non si aspettava certo che così, all’improvviso, arrivassero come in un film dei messi militari tutti in tiro e con una lettera di condoglianze.

Non si aspettava davvero che Will fosse morto, non era semplicemente possibile, suo marito non poteva lasciare sola lei ed i bambini. Perché erano venuti questi signori da chissà dove a dirle una simile sciocchezza..? Vedeva le labbra muoversi nella formula di rito e naturalmente stavano mentendo, stavano—

“Mamma! Mamma! C’è papà in televisione! Vieni, presto!”

Mai come in quel momento la Sig.ra Winston fu felice di sentire la voce eccitata di suo figlio! E al diavolo quei due corvi funebri, sbatté loro la porta in faccia e corse in salotto da dove Brad lo aveva chiamato.

Ed eccolo lì, il suo Will, sullo schermo da 35 pollici, insieme ad altri tre uomini, ai suoi tre amici che tante volte erano venuti per la partita. Erano tutti in uniforme, e camminavano lungo un’immensa strada alberata deserta, surreale…

Ed erano tutti al telefono. E il telefono di casa squillò, facendole venire un colpo!

Marcia prese l’apparecchio con mani talmente tremanti che quasi lo lasciò cadere. “Will..?” chiese, guardando lo schermo. “Will, sei tu?”

Lui guardava nello schermo del proprio telefono, e in qualche modo sembrava vedere lei. “Marcia! Sì, amore, sono io! Siamo qui io e gli altri…” E sullo schermo, anche gli altri erano impegnati in una simile conversazione.

“Ma dove siete?! Sembra notte lì da voi…”

“Siamo a…” si guardò intorno. “A Lykopolis, credo. Senti, so solo che eravamo a bordo dell’elicottero, e poi è successo un casino e ci siamo trovati qui, e…non ci capisco niente, amore!” poi il suo sguardo andrò ai figli. Un timido sorriso. “Ehi, campioni. State facendo i bravi?”

“Will!” intervenne seccamente lei. “Qui ci sono gli agenti funebri del Governo che mi hanno appena detto che sei morto! Che ci fai in una città di licantropi!?

La risposta venne quando la metà destra dello schermo fu occupata dal ferino volto di un mannaro dal pelo nero con indosso un gessato. “Sono il Presidente dello Stato Autonomo di Arcadia, il mio nome è Felix Meyer.

“Will Winston, Lou Longhead, Maxwell Mattison, Samuel Stern, erano sì in missione per conto del Governo, ma con l’ordine di sterminare una colonia curda sulla base di informazioni…errate.”

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Eliveicolo SHIELD

 

“Non intendiamo biasimare il Governo degli Stati Uniti d’America per avere cercato di fare la propria parte contro l’onnipresente minaccia del terrorismo, ed è per questo che abbiamo teletrasportato i piloti di quegli elicotteri al sicuro, limitando la nostra rimostranza all’abbattimento di detti velivoli per violazione del nostro spazio aereo.

“E per dimostrare la nostra buona volontà, permetteremo loro di trattenersi come osservatori per tutto il tempo che loro stessi e le loro famiglie desidereranno. In tal senso, abbiamo appena mandato un comunicato alle Nazioni Unite. Ma se il loro Paese li rivorrà indietro, saremo felici di imbarcarli su un volo sicuro -dietro richiesta ufficiale.

“Alle famiglie, diciamo: saranno comunque trattati come graditissimi ospiti e tenuti in costante contatto con le famiglie e le istituzioni, nel pieno rispetto della trasparenza. Possono essere contattati in qualunque momento. Per qualunque altra informazione, non esitate a contattarci attraverso la vostra ambasciata. Grazie per l’attenzione.” E solo a quel punto, gli schermi tornarono a mostrare quanto stavano facendo prima di quell’interruzione.

Nick Fury, Direttore dello SHIELD, si adagiò contro lo schienale della sua poltrona, esalando una nuvola dal suo sigaro preferito. “Vediamo se ho capito: hanno educatamente blastato in diretta mondiale il Presidente che si era inventato una finta missione antiterroristica per creare una coalizione contro di loro?”

Come il suo vecchio amico e compagno di mille battaglie, Timothy Aloysius Cadwallader ‘Dum Dum’ Dugan ne aveva visti di piani insensati… “Che devo dirti? Mai un attimo di noia con quello lì.”

E scoppiarono a ridere, a ridere forte fino alle lacrime. Sarebbe stata dura mantenere il loro tipico fiero cipiglio una volta usciti dall’ufficio.

Asciugandosi l’occhio buono, Nick, a corto di fiato, disse, “E per quanto riguarda la trasmissione..? *hee hee*”

Dum Dum si fece vento con la sua familiare bombetta. “Ha tutte le caratteristiche di un dispositivo di Omni-Onda. Heh. E’ andato in onda su ogni singolo schermo, che fosse spento o acceso, e in tutte le lingue.”

Fury perse rapidamente il buonumore. “Fantastico: se è vero, e li facciamo inc@22@re male potrebbero usarlo per riportarci all’età della pietra con un Buongiornissimo Caffè. A proposito: Dugan, fammene portare qualche caraffa. Dovrò fare molte telefonate…”

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Monte Apollo, sede del Governo dello Stato Autonomo di Arcadia, Lykopolis

 

Sorgeva al centro esatto della pianta circolare della città, all’incrocio delle vie fluviali simbolo del cuore decisionale di quelle che un giorno sarebbero state milioni di vite.

L’edificio si componeva di una base a disco dalle ampie finestre, ed era un doppio corpo svettante in polimeri bianchi, metallo e cristallo nero separato in una U, a ricordare le ali di un uccello spiegate nell’atto di prendere il volo. Immenso, torreggiante sopra le torri urbane, sminuiva la piramide che millenni addietro era stata il cuore della vecchia città. Di giorno, guardarlo direttamente era come fissare il sole, e anche di notte era come un monolitico faro, che riflettesse la luce lunare o fosse punteggiato delle proprie luci.

Qui si trovava la sede di ogni ministero, civile e militare.

Qui, il Presidente Meyer, ora nella forma di un uomo di mezza età dai capelli uniformemente grigi, ricevette una chiamata che attendeva dal momento in cui era terminata la trasmissione.

“Vostra Maestà, sono onorato,” disse all’ologramma a grandezza naturale che apparve davanti alla sua scrivania.

L’ologramma di un uomo con indosso un’armatura d’acciaio come la maschera che gli copriva il volto, e un costume verde con mantello e cappuccio.

“Cosa posso fare per lei?” chiese il Presidente.

“Accettare l’amicizia e la protezione di Latveria,” rispose il Dottor Destino.